
L'occhio, gli occhi, vengono incessantemente sollecitati a guardare il gran numero di schermi e monitor, grandi e piccoli, che hanno invaso il nostro vivere quotidiano.
Sono dappertutto: al bar, nei ristoranti, in tasca, in macchina, al polso, nelle vetrine, sugli autobus, agli angoli delle strade, appesi ai muri di casa al posto dei quadri.
Ovunque giro lo sguardo, trovo un monitor che mi osserva, che vuole comuinicare, che mi chiede di essere guardato.
Percepisco il mondo attraverso i monitor sparsi in ogni angolo della visuale, e questo mi impedisce sempre più di guardare negli occhi il mio prossimo.
Gli schermi si interpongono tra me e la mia realtà rendendolo un rapporto mediato, in-mediato, immediato.
L'immediatezza ha impresso un'accelerazione alla mia visuale e al mio modo di vivere il rapporto con la realtà al punto che la velocità della mia esistenza è aumentata in maniera esponenziale.
Una prova quasi certa è la percezione che ho del mio tempo, la sua costante diminuzione, poichè sembra non esserci mai tempo sufficiente a mia disposizione per fare tutte le cose che vorrei fare, che ho da fare e che devo assolutamente fare.
Quest'accelerazione ha un doppio risvolto, come in ogni cosa; quello positivo rimane nell'ebrezza che la velocità procura, l'assenza totale di noia, il suo effetto stupefacente; quello negativo è la perdita di visione del contorno, di ciò che mi circonda, e in forme semi-patologiche può provocare stress, ansia o depressione.
Un po' come correre in auto, o in moto, dove conta solo il punto di convergenza all'orizzonte, mentre i contorni diventano sempre più sfocati, fino a sparire del tutto, man mano che aumento la velocità.
E, di contro, riappaiono via via che la velocità decresce, fino a quando, fermo sul ciglio della strada, guardo nuovamente e mi accorgo del paesaggio intorno a me, quasi stupito della sua presenza.
Un'esperienza siimile al risveglio.
Perchè in effetti è così: la velocità ipnotizza, rende ciechi.
Ora, la realtà quotidiana immediata, insieme ai modi in cui il potere utilizza tale immediatezza, creano una nuova forma di potere che io chiamo IPNOCRAZIA.
Definisco "ipnocrazia" il potere, in forma manifesta e/o surrettizia, di distogliere lo sguardo dalla realtà non mediata per convergerlo sulla realtà mediata.