sabato 2 novembre 2013

Wikileaks e il dilemma del segreto


«Se confessi un segreto al vento, non ti lagnare se poi gli alberi lo vengono a sapere» (K. Gibran)

Cos'è un segreto, e che funzione ha?
Tanto per cominciare, il segreto esiste solo se viene svelato.
Il paradosso è facilmente spiegabile: se non viene svelato perde lo status di segreto per assumere quello di mistero, ossia di ciò che non può essere spiegato.
Dunque una prima differenza: ciascun segreto ha la sua verità.
In secondo luogo, il segreto agisce come la chiave di una serratura che apre una porta di una stanza misteriosa, svelandone un contenuto di verità. Il mistero svanisce come d'incanto e si trasforma in segreto, il cui possesso andrà solo e soltanto al detentore della chiave. Solo il possessore - o i possessori - di quella chiave conosceranno il "vero" contenuto di quella stanza, che per loro non è più un mistero né tantomeno ha segreti.
Il segreto è dunque anche uno strumento che delimita: a partire dal gioco dei bambini, che sussurrano parole segrete all'orecchio di un amico piuttosto che ad un altro, includendo l'uno ed escludendo l'altro; fino al segreto di Stato, che protegge se stesso in nome dei suoi cittadini.
Ora veniamo al punto. Personalmente credo che tutto ciò che attiene alla sfera pubblica non debba avere segreti. A cominciare dal voto segreto in Parlamento, che non può e non deve esistere, perchè pubblico e segreto sono termini che si contraddicono tra loro, sono ossimori, giuridicamente antinomici.
Il parlamentare che rappresenta un certo numero di cittadini deve esprimere in maniera assolutamente limpida e trasparente il proprio operato. E lo stesso elettore che intende votare pubblicamente, senza chiudersi "nel segreto dell'urna", deve poterlo fare.
Ho visto un bel film sul segreto: Quinto potere. E' la storia di Wikileaks, ossia la lotta di un hacker per l'abolizione del segreto. Secondo la filosofia di Julian Assange il ruolo manipolatore dei mass media, che filtra a pagamento ciò che può e non può essere detto all'opinione pubblica, deve essere scardinato.
Secondo Assange, i finanzieri e i magnati senza scrupoli che muovono la storia del mondo con armi, guerre, denaro, e che gestiscono in maniera diretta e indiretta governi e mass media, sono custodi di segreti che il mondo deve assolutamente conoscere. Per questo ruba le informazioni e le divulga gratuitamente in rete. I popoli devono poter accedere all'informazione pura, scevra da filtri mediatici di sorta, perchè sarà poi la c.d. opinione pubblica a decidere chi, cosa, come e quando.
Un novello Robin Hood, che ruba l'informazione ai ricchi per darla ai poveri.
Una bella favola che però non ha un lieto fine. Il suo "fraterno amico" Daniel Berg, fin quasi dagli esordi co-pilota di Wikileaks, abbandona al proprio destino Assange davanti ad un enorme dilemma: divulgare oppure no 250 mila documenti governativi americani in cui apparirebbero una quantità enorme di segreti, incluse le informazioni riguardanti importanti fonti di spionaggio infiltrate un po' ovunque nel mondo, e la cui vita sarebbe immediatamente messa in pericolo? Divulgare i documenti distribuendo le chiavi della porta a tutti, consentendo a chiunque di potervi entrare anche a rischio della vita di molti informatori "segreti"; oppure trovare un accordo con i mass media per evitare la messa a richio di vite umane e la stessa sicurezza dello Stato, utilizzandoli quindi come mezzo di diffusione ma anche filtlro delle informazioni, che verrebbero in tal modo manipolate?
Io - Adriano Pignataro - cosa avrei fatto?
Torniamo indietro per un attimo e domandiamoci: ha senso il segreto di Stato?
Con la celebre espressione "l'état, c'est moi" (Lo Stato sono io), attribuita a Luigi XIV Re di Francia, si intende l'instaurazione di una monarchia assoluta con accentramento di tutti i poteri dello Stato in una sola persona. Dopo che per secoli illustri costituzionalisti, capi di stato e di governo si sono riempiti la bocca con la parola "democrazia" e le sue mirabolanti conquiste, sembra evidente che oggi, negli Stati a democrazia avanzata, lo Stato sono Io non ha motivo di esistere perchè oggi, essendo in democrazia e non in una monarchia assoluta, "lo Stato siamo noi" e non più "Io".
Se dunque lo Stato siamo noi, noi cittadini che quotidianamente e materialmente contribuiamo alla costruzione e al mantenimento del senso civico di questo Stato, nel senso etimologico del termine, lo Stato non può avere segreti per noi, perchè noi siamo lo Stato, e noi non possiamo avere segreti con noi stessi. A meno che non si tratti di segreti inconfessabili. Come le stragi di Stato ad esempio.
Pertanto, se lo Stato ha segreti inconfessabili ai propri cittadini, e per tale ragione copre determinate nefandezze con la dicitura di "segreto di stato", è altresì evidente che:
1) noi non c'entriamo nulla con questi segreti;
2) lo Stato non ci rappresenta se ha segreti nei nostri confronti.
Tornando al "dilemma Wikileaks", ciò che attanaglia Daniel Berg è proprio un segreto di Stato: divulgarlo oppure no.
Ma se il mio ragionamento è stato chiaro fino ad ora, la soluzione che Berg doveva dare al problema era tutto sommato abbastanza semplice e priva di dubbio, a maggior ragione se avesse valutato l'America dal punto di vista di una nazione che opera nel mondo come potenza imperiale a tutti gli effetti.


























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