mercoledì 24 giugno 2009

Memoria e desiderio: un nuovo calendario?

Sono rimasto particolarmente colpito da un articolo apparso sui giornali qualche giorno fa. Il titolo era: "Lunedi 24 Gennaio dichiarato il giorno peggiore dell'anno". Il sottotitolo aggiungeva: "Psicologi inglesi hanno calcolato qual è il giorno più deprimente". Il calcolo è stato fatto dal Dott. Cliff Arnall, psicologo dell'Università di Cardiff (Galles), specializzato in "disturbi stagionali".
L'articolo dice che il Dott. Arnall ha creato una formula che prende in considerazione diverse emozioni per determinare il punto più basso raggiunto dalla gente. Il modello è:{W (D-d)}x TQ/M x NA
L'equazione si compone di sei fattori identificabili: W (weather) è il tempo meteorologico, D (debt) sono i debiti, d è il salario mensile, T (time) è il tempo trascorso da Natale, Q (quit) è il tempo trascorso dall'ultimo tentativo fallito di lasciare il lavoro, M (motivation) sono i bassi livelli di motivazione, e NA (need action) è il bisogno di fare qualcosa.
Quest'esempio di psicologia accademica dimostra perfettamente come il calendario è lo strumento di macroprogrammazione della cultura o società che lo usa. La ricerca non ha alcun significato se non seguite il calendario gregoriano - in cui, di conseguenza, vivete in una società in cui siete consumatori, programmati dal calendario ad avere l'esperienza culminante di spesa nell'ultimo mese del calendario annuale. A questo non-plus-ultra del consumo fa seguito il programma "anno nuovo" del calendario, in cui gli eccessi delle festività vengono redenti da qualche tipo di risoluzione - che, secondo la ricerca del Dott. Arnall - dura non più della prima settimana dell'anno nuovo. La formula ideata dal Dott. Arnall poggia sul lemma della filosofia che sottende il calendario gregoriano, "il tempo è denaro". D'altra parte, la stessa parola 'calendario' deriva dal termine latino 'calenda', che significa 'libro contabile'.
Questo è il tipo di ricerca chiamato "pensare dentro la scatola". E' condizionato da dogmi indiscussi, originati dalla mancanza di consapevolezza circa l'assoluta limitazione di tali investigazioni alla scatola sconosciuta in cui essi operano. La scatola, in questo caso, è il calendario gregoriano in quanto programma mentale che si ripete su base annuale. Togli lo strumento di programmazione gregoriano, e cosa resta? Il re è nudo.
Il Dott. Arnall ha condotto la sua ricerca in Gran Bretagna, e così le sue conclusioni sono valide per quella nazione o probabilmente per la maggior parte del mondo dei consumatori occidentali governati dal calendario gregoriano. Ma, per comprendere quanto siano relative queste conclusioni, e quanto arbitrari siano i condizionamenti comportamentali del calendario gregoriano, basta pensare di vivere in una società che non segue questo calendario.
Stando alle conclusioni del Dott. Arnall, il calendario gregoriano programma i vostri debiti, la vostra depressione ed il vostro fallimento spirituale. E non potete farci niente. Per quale motivo seguire un calendario che vi programma per la depressione, che vi rattrista con preoccupazioni su quando c'è da pagare le bollette - o se il vostro salario sarà sufficiente a pagare i vostri debiti? O, ancora peggio, perché continuare con un calendario che incorpora una sindrome del perdente cronico, simile a quella di un alcoolizzato che non riesce ad uscire dal vizio, che porta a rompere le vostre promesse per l'anno nuovo - secondo i calcoli del Dott. Arnall, una settimana dopo averle solennemente pronunciate? Siamo programmati per il fallimento spirituale!
A tutto questo aggiungete che l'anno prossimo il 24 Gennaio non cadrà di lunedi. Essendo lunedi il giorno iniziale della settimana lavorativa, è sempre più deprimente - ad esempio, del venerdi. E allora, forse il giorno più deprimente sarà il 23 Gennaio, che cade di lunedi? Il che ci porta ad un altro punto: l'irregolarità irrazionale e la mancanza di un ordine coerente nel calendario gregoriano. Non solo programma la vostra depressione, il timore dei debiti, il fallimento spirituale - vi programma anche ad un certo torpore, quando pensate al tempo. I giorni della settimana non sono mai in correlazione con quelli del mese - in questo modo, è difficile fare qualunque calcolo. Condiziona la vostra mente, se tutto ciò che potete dire sul calendario è "30 giorni ha Novembre…" E' così che dovrà essere sempre, senza speranze, nella civiltà dominante del pianeta Terra, o c'è un modo migliore?
Abbiamo bisogno di un nuovo calendario!
Naturalmente, un nuovo calendario significherebbe anche una nuova società, ed un nuovo modo di fare le cose. Precisamente per questa ragione, il mondo non ha un nuovo calendario - a dispetto degli appelli al buon senso e dei nobili tentativi dell'ultimo secolo e mezzo. Il problema è che dobbiamo sempre aspettare il Vaticano, il Presidente o il Parlamento o l'ONU per approvare il nuovo calendario. Con il complessificarsi della società, le probabilità che le cose vadano in questo modo sono scarsissime - il che ha reso di gran lunga peggiore la programmazione del vecchio calendario. Non possiamo aspettare ancora. Il vecchio tempo ci sta letteralmente ammazzando. Aspettare che la decisione venga dall'alto - è totalmente inutile, tempo perso direi. La cosa giusta da fare è cambiare il calendario noi stesi. E' così che sarà. Il modo di combattere l'inguaribile depressione incorporata nel vecchio calendario consiste nell'incominciare a vivere secondo uno standard che sia armonico e che ci renda inguaribilmente felici - perché è armonico.
Parlo in base alla mia esperienza. Non seguo più il vecchio calendario. Vivo seguendo un calendario diverso in cui non esiste il 24 Gennaio. Di fatto, Settembre, Novembre, Giugno o Luglio non esistono più, come pure Lunedi, Martedi, Mercoledi, ecc. Per me, tutti i millenni di preoccupazione e superstizione inglobati in questo sistema sono svaniti - e così non ho nulla di cui deprimermi. Ma ho qualcosa di nuovo da imparare, e nuovi valori da programmare nelle mie abitudini e nel mio carattere - valori come la pace, l'armonia, la cooperazione e la gioia. O forse sono solo preveggente, e sapevo che, se avessi cambiato calendario, il mio compleanno non sarebbe caduto in giorno sfigato.
Un calendario che è una disperata irregolarità non può essere programmato per la pace o l'armonia - produrrà solo irregolarità. E con un calendario in cui la depressione e l'irregolarità sono i programmi di routine, non potremo far altro che accrescere la disperazione che si prova di fronte ad un mondo che diviene sempre più complesso, in cui la depressione - secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) - aumenta esponenzialmente da quando un numero sempre crescente di lavori consiste nello stare attaccati ad un computer.

martedì 23 giugno 2009

La morte dell'immagine



Un po' di autocelebrazione 1: anche il noto debunker Maurizio Blondet si è accorto dello Stato biscazziere, e gli dedica un pezzo.
Autocelebrazione 2: ho sempre desiderato essere sulla copertina della settimana enigmistica, la rivista che vanta innumerevoli tentativi d'imitazione. Sono orgoglioso quindi di apparire sull'unico giornale cartaceo degno di essere letto, che giganteggia in qualità dell'informazione e stimolo intellettuale in questa discarica a cielo aperto che è diventata la carta stampata italiana, e che non a caso annovera anche mio fratello tra i suoi prezzolati professionisti.
I padroni della comunicazione sono anche i becchini dell'utopia, il loro funzionalismo segue l'estetica del mercato e ogni cosa è considerata oggetto di consumo. Siamo nel tempo che preferisce l'immagine alla cosa, la copia all'originale, l'apparenza all'essere.
In quest'epoca di decadenza da basso impero romano, cui seguirà il già cominciato neo-feudalesimo, viviamo il capezzale anche della fotografia. Un sentore nauseabondo pervade gli italici costumi, costruiti sulle immagini di carni umane sfatte e rifatte. Ogni fotografia è il risultato delle nostre mediocrità prezzolate, e le menzogne stampate su carta patinata incantano solo gli stupidi o i mercanti di sogni. Nell'epoca della falsificazione digitale e del conformismo sociale, la sovrapposizione delle cooscenze serve a nascondersi meglio. La stupidità cresce insieme al consenso, e quanto più gli individui si riconoscono nei valori dominanti, tanto più aumenta il numero degli scemi "istituzionali", il cui inutile destino è catturato dagli schermi-schemi dell'ordinario e del convenzionale. Perchè - sia ben chiaro - quando il potere non usa le armi affida alla cultura, all'ideologia o alla fede il compito di mantenere l'ordine costituito.

mercoledì 3 giugno 2009

Lo Stato biscazziere

Ricerche Eurisco ed Eurispes hanno evidenziato che gli scommettitori in Italia sono oltre 30 milioni, tutti abitanti di uno stato cinico e distratto che per anni ha negato la legislazione per l'esercizio delle case da gioco inserite in un contesto di offerta turistica, per poi deregolamentare selvaggiamente il settore dell'azzardo, fino a portarlo a minorenni, casalinghe, pensionati, disoccupati.
Ogni angolo di strada è stata trasformata in una bisca legalizzata, e i numeri sono impressionanti: 300 mila macchinette, 120 mila punti vendita, 42 miliardi di euro giocati/spesa procapite 450 euro, gettiti per lo Stato di 12 milardi (2,5% delle entrate tributarie), 14 mila punti vendita sui 17 mila previsti dal bando di gara Bersani, 337 sale bingo, 280 mila slot (macchinette), 1500 sale giochi, 515 banchi lotto.

Dai primi anni del 2000 il gioco d'azzardo si è trasformato in un vero e proprio fenomeno di massa, tanto che gli studiosi sottilineano il diffondersi del c.d. "gioco compulsivo" oltre alle rilevanti ripercussioni socio-economiche che evidenziano ambigui paradigmi culturali.
L'azzardo sembra aver perso la sua tradizionale connotazione per assumere una più suadente pragmatica definizione di "gioco pubblico", quindi sicuro/lecito/responsabile; tuttavia questi elementi prendono in considerazione soltanto uno degli elementi che compongono il quadro (gioco e operatore) trascurando completamente il terzo, ossia il giocatore, che non sembra cogliere la pericolosità dei prodotti offerti in modo invasivo, comunicati come una innocente forma di intrattenimento se non addirittura surrettiziamente indicati come soluzione dei quotidiani problemi economici, e che genera un portato ludico-dipendente fonte di allarme sociale per la devianza esistenziale intrinseca.
L'equivoco nasce fin dal significato linguistico e interpretativo di gioco d'azzardo, che non distingue come nell'idioma inglese tra gaming, play e gambling, tre termini che corrispondono ad altrettante categorie ludiche; l'unica definizione oggi in nostro possesso è fornita dal codice penale, all'art 718 e segg.ti: "sono giochi d'azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria".
Il nostro ordinamento è l'inico in Europa e nel mondo occidentale a non essere dotato di una legge organica sul gioco d'azzardo, perchè l'intera materia è regolata da una giungla di leggi speciali ad hoc.

Lo Stato italiano e il governo di sinistra hanno motivato la liberalizzazione con ragioni di contrasto all'evasione e al gioco illegale, sostenendo che l'aumento vertiginoso in percentuale dipende proprio da una sottrazione di quote all'erea illegale, ovvero di emersione e regolazione del gioco d'azzardo (riduzione e regolazione di riffe e lotterie clandestine). A questi dati Aams, gli analisti del settore oppongono altri elementi: crescita parallela del gioco clandestino, inefficacia degli strumenti di controllo, aumento delle ludopatie e di fenomeni degenerativi legati al gioco problematico.
I dati forniti dalla consulta nazionale antiusura rivelano però che l'illegalità si nasconde nella legalità, con rilevanti infiltrazioni della criminalità organizzata che finanzia in misura crescente il business del gioco pubblico. Con le sale scommesse si fa un eneorme salto qualitativo e quantitativo nel riciclaggio dei proventi illeciti, essendo le sale distribuite in maniera capillare sul territorio nazionale; e con il bando 2006 (Bersani) il numero di agenzie si è moltiplicato insieme al richio del riciclaggio. Alla gara per agenzie di scommesse non ippiche non ha partecipato nessuno dei colossi del settore (sisal, snai, lottomatica) ma soggetti medio piccoli, anche a gestione familiare, che sono arrivati a spendere 750 mila euro per un'agenzia a Palermo, dimostrando che con quei numeri è matematicamente impossibile rientrare dall'investimento ...

Le tre "sorelle" del gioco in italia: sisal, snai, lottomatica, mentre i giochi oggetto di concessione sono scommesse ippiche e sportive, bingo, lotterie istantanee, slot machine, lotto, superenalotto, totocalcio.

Il settore dei giochi e delle scommesse è collocato al quarto posto nella scala economica del paese, al secondo se si analizzano i dati disaggregati delle singole imprese.

L'italia è in testa alla classifica mondiale per spesa procapite per il gioco (fonte 2006) con circa 620 euro/anno.