lunedì 31 dicembre 2012

Lo sbadiglio populista



Con quest'ultimo post a pochi minuti dalla mezzanotte che separa il 2013 dal vecchio anno, voglio scrivere di un termine tornato prepotentemente in voga finanche sulla bocca della massima carica dello Stato nel suo discorso di fine anno: populismo.
Il termine populismo trova un suo primo tentativo di delegittimazione da parte della casta politica attraverso  la diffusione di un'accezione più marcatamente negativa che per un periodo è circolata su tutti media italiani:  "anti-politica". Il tentativo fallisce allorquando privilegi e corruzione della medesima casta rivoltano l'antipolitica proprio contro coloro che l'avevano propugnata.
Si passa così - sempre mediaticamente - al termine "populismo", meno violento ma surrettiziamente più dequalificante, volendo con tale espressione designare tutti i nascenti movimenti nati spontaneamente in rete o in realtà locali e collegati tra loro tramite la rete stessa.
La casta politica gerontocratica e corrotta tenta quindi di delegittimare i movimenti bollandoli con il termine "populismo".
Ma a ben vedere e soprattutto a leggere la storia della locuzione politico-sociologica balza subito in evidenza come, in primis, si tratti di un movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20° che si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate  in antitesi alla società industriale occidentale.
La definizione sembra calzare in gran parte con l'attuale situazione politica e sociale: movimenti spontanei nati dal basso si propongono di ostacolare l'orda neoliberista che mediante atti legislativi di volta in volta approvati dalla casta dei corrotti tende a divaricare la forbice tra i privilegiati abitanti della semiosfera ed un magma indefinito, che a partire dai colletti bianchi passando per la classe media e via via fino agli ultimi gradini della scala sociale, tritura beni comuni  e diritti costituzionalmente garantiti la cui sintesi è vissuta quotidianamente in una sorta di macelleria sociale ove i genitori perdono il posto di lavoro a 55 anni ed i figli, diplomati, laureati, spesso con specializzazioni, master, lingue straniere e ottime conoscenze di informatica, stentano finanche a diventare precari. Ciò a dispetto della casta di privilegiati e corrotti che invece piazza la progenie nei posti più ambiti e meglio retribuiti scapolando le bolge dei concorsi pubblici con odiose quanto vergognose scorciatoie cooptative.
L'unica - fondamentale - differenza con la storia del populismo russo è la totale assenza della c.d. "classe di intellettuali", che da noi è stata ed è tuttora impegnata a difendere le proprie rendite mediante vergognosi abboccamenti nei confronti dei politicanti destrimani o nazisinistri che via via si sono susseguiti al governo del paese da vent'anni a questa parte.
Dagli anni '60 in poi il termine populismo, ad opera di questi fantomatici intellettuali, viene di volta in volta manipolato al fine di evitare che qualsivoglia "scellerato" con un minimo di buon senso possa dire cose poco gradite alla casta dominante, che mentre svende a privati il patrimonio pubblico decide nelle segreterie dei partiti i portaborse facilmente manovrabili e ricattabili da piazzare in lista e quindi nel governo e sottogoverno. Fare in modo, insomma, che se per puro caso una scheggia impazzita comincia effettivamente a dire le cose come stanno, tipo che il re è nudo, questi possa immediatamente essere bollato come folle e pazzo, equivalente a populista nello slang politichese.
Ma la consapevolezza è contagiosa. Come uno sbadiglio che immette più ossigeno nel sangue per mandare via il sopraggiungere del torpore, sempre più persone cominciano a  lentamente a stiracchiarsi, a sbadigliare, a muoversi, a rendersi conto dell'ipnocrazia mediatica e quindi a constatare che si - effettivamente - essere populista è meglio che essere un putrido corrotto che spinge alla fame la propria gente per arricchire se stesso.
Finisce un'epoca e crolla nuovamente un ancien regime, che vigliaccamente ri-proporrà il terrore in cambio della sua caduta. Non abbiamo paura, anche perchè la storia, come qualcuno insegna, si ripete prima come tragedia e poi come farsa.
Buon 2013.

Aggiornamento del 6 marzo 2013: il premio nobel Dario Fo viene in soccorso con questo breve filmato in cui spiega - molto meglio di me - l'accezione positiva di "populismo":