La proposta di 218 parlamentari per un diverso assetto legislativo della cannabis ha suscitato una grandinata di dichiarazioni di politici e di esperti.
Per il
cittadino non è facile orientarsi di fronte a tante inconciliabili posizioni.
Può forse aiutarlo ricostruire la storia della legislazione che ha proibito la
cannabis in Italia, mostrando che non è nata per arginare un abuso e quando
l'abuso è arrivato la legge che lo proibiva poco ha potuto.
La chiave è
racchiusa in un fascicolo della Direzione Generale della Sanità pubblica del
Ministero degli Interni, conservato all'Archivio di Stato. Tutto iniziò con la
risposta della Direzione al console greco in data 21 giugno 1906, se in Italia
la cannabis potesse essere importata e venduta: la cannabis e i suoi derivati
"[...] debbono essere considerate sostanze medicamentose dotate, per la
loro azione fisiologica, di proprietà venefiche e pertanto, in base alle leggi
vigenti, debbono essere vendute in dose e forma di medicinale dai farmacisti,
che devono conservarle in appositi armadi [...]".
Il problema
era gestire il complicato caso che vedeva il porto di Brindisi fare da tramite
nel contrabbando di hashish tra la Grecia, paese produttore, e l’Egitto paese
consumatore ma rigidamente proibizionista.
Nella nota
riservata del novembre 1908 inviata dal direttore generale della pubblica
sicurezza al suo omologo della sanità pubblica si illustrano le doglianze delle
autorità anglo-egiziane per il contrabbando di hashish ad opera di marinai
italiani imbarcati sui piroscafi Isis e Osiris della Peninsular & Oriental
Company, la compagnia di navigazione inglese che faceva rotta tra il porto di
Brindisi e l'Egitto.
Le verifiche
svolte dal Prefetto di Lecce avevano acclarato che "[...] effettivamente
Brindisi è il centro più importante del commercio dell'hashish e poiché questo
producesi in Grecia, e Brindisi è non solo il porto più vicino alla Grecia ma
altresì quello dal quale parte il maggior numero di Piroscafi verso Alessandria
d'Egitto.
Dell'importazione
dalla Grecia dell'hashish si occupa largamente in Brindisi con lauti guadagni
la ditta Valori Ercole, suddito turco, e ve ne interessa pure il suddito greco
Prasso Dimitri, da tempo residente nel Regno [...] Da Brindisi l'importazione
per Alessandria d'Egitto è fatta per mezzo del basso personale di bordo dei
piroscafi diretti a quella volta, senza distinzione fra legni appartenenti a
società di navigazione italiana e straniere [...]".
Nella nota
ci si chiedeva di possibili conseguenze sulla salute pubblica, ancorché
"[...] quanto fin qui risulta il consumo dell'hashish non ha
fortunatamente alcuna diffusione nel Regno[...]".
Gli eventi
si complicano nel successivo mese di maggio, quando l'agente della Peninsular a
Brindisi scriveva ad un non meglio precisato onorevole, da identificarsi
probabilmente in Pietro Chimienti il cui collegio era proprio quello di
Brindisi, che riguardo all'affare dell'hashish la cosa si è fatta di colpo molto
seria. L'agente spiegava che le loro navi Isis e Osiris, in servizio tra
Brindisi e l'Egitto, ogni tre mesi andavano nel bacino galleggiante della
Compagnia del Canale di Suez a Port Said per pulire la carena. Ebbene,
"[...] il piroscafo Isis fu pulito pochi giorni or sono ed al suo arrivo
ieri il comandante m'informò che a lavoro finito, e quindi il battello aveva
già abbandonato il dock, la dogana egiziana trovò 94 pezzi di hashish pari a
circa 270 libbre (più di 120 chilogrammi). Con questa scoperta la Compagnia del
canale si è trovata in una situazione parecchio imbarazzante e difficile con la
dogana egiziana [...]".
L'onorevole
Chimient, in un intervento alla Camera, denunciava la situazione per l'igiene
ed il buon nome dell'Italia, aggiungendo che la diversione attraverso Brindisi
era causata dal trattato bilaterale che impediva l'esportazione della cannabis
dalla Grecia all'Egitto. La proposta di Chimienti era di proibirla per misura
sanitaria, ovvero modificare al riguardo il repertorio doganale rimandandola,
cioè, sotto la voce "tabacco".
Il 19 agosto
1909 il Ministro degli Esteri Tittoni scriveva allarmato al Presidente del
Consiglio Giolitti, sottolineando il grave pericolo insito nella minaccia della
compagnia di evitare lo scalo di Brindisi. Nella missiva troviamo forse la
prima specifica proposta di legislazione antiproibizionista: "[...] Ti
prego di voler considerare se non sia il caso di presentare al parlamento un
progetto di legge che vieti - perché
pernicioso alla salute pubblica - il commercio dell'hashish [...]".
Giolitti
sapeva che non era applicabile all'hashish un divieto di importazione in quanto
medicamento, ma vedeva applicabile ai suoi contrabbandieri il disposto
dell'art. 90 della Legge di Pubblica Sicurezza, permettendone quindi l'espulsione.
>per motivare il pericolo per l'ordine pubblico, Giolitti attingeva alle
informazioni ricevute dal Chimienti, secondo il quale il proseguimento del
contrabbando avrebbe indotto la Peninsular a sostituire gli equipaggi italiani
con quelli indiani, provocando disoccupazione e perdita di salari: abbastanza
per istigare disordini. Giolitti non tralasciava "[...] la giusta
apprensione causata dalla continua presenza in Italia di così rilevanti
quantità di velenoso narcotico [...]".
La
conseguenza fu l'espulsione dal regno dei due commercianti in oggetto , ma di
questo, sorprendentemente, il Chimienti si doleva in una su amissiva a
Giolittinella quale rilevava l'illegittimità dell'atto. avvertendo che
l'hashish cominciava ad essere fumato a Brindisi, il Chimienti sollecitava un
radicale provvedimento di proibizione di importazione in Italia del
"pericolosissimo veleno" in quanto nocivo alla salute.
Iniziava
così un contenzioso legale con sospensione del provvedimento e ritorno del
valaori Brindisi. Intanto, per dispositivo del Ministero delle Finanze, il
"prodotto hashish" che prima era ammesso alla libera importazione
sotto la voce "medicamenti" era assimilato al sugo di tabacco del
quale "[...] la libera importazione è proibita [...]".
Così la
soluzione fu di carattere merceologico e consistè nell'omologazione
dell'hashish ad un potentissimo tossico quale il succo di tabacco.
la cannabis
acquisiva una sua speciale legislazione non perchè il suo consumo si fosse
diffuso in maniera pericolosa ma perchè si voleva evitare che alcuni porti
fossero luoghi di transito della sostanza.
Si spiega
così perchè il controllo sulla cannabis fosse tra le proposte contenute tra le
istruzioni che il Ministero degli Esteri invia all'ambasciatore a Washington,
in preparazione della Conferenza dell'Aia del 1912. "[...] Questo
ministero desidera ancora che la prossima conferenza internazionale abbia ad
occuparsi anche del traffico della canapa indiana e dell'hashish [...] Il
nostro paese ha un interesse speciale a che la questione dell'hashish sia
definita in via internazionale, non perchè l'Italia sia produttore o
consumatore di quella sostanza ma perchè poco scrupolosi speculatori nazionali
ed esteri hanno scelto il territorio italiano come luogo di deposito e di
concentrazione dell'hashish per poi fare la riesportazione in contrabbando nei
paesi ove il traffico di tale sostanza è vietato [...]".
L'Italia
trovo il solo sostegno degli Stati Uniti e pertanto il punto non fu discusso,
sebbene si ritenesse utile un approfondimento scientifico del problema.
Nel 1923 la
cannabis ed i suoi derivati furono inclusi tra le sostanze controllate dalla
prima legge italiana sugli stupefacenti, e ancora nel 1938 si può leggere negli
Annali di Igiene che "[...] la sanità fondamentale del popolo italiano
viene dimostrata dal fatto che, sebbene in Italia la canapa venga largamente
coltivata, mai è sorto il problema dell'uso di essa come sostanza voluttuaria.
Invece nell'America settentrionale, nell'Africa meridionale e nell'Oriente
questo vizio preoccupa vivamente [...]".
Tuttavia, né la pretesa sanità fondamentale né la
legge proteggerà il popolo italiano dalla cannabis quando trent'anni dopo gli
spinelli cominceranno a circolare. Lo spirito del tempo era mutato e da allora
la cannabis è considerata - da una consistente fetta della società - uno
strumento ricreativo di scarso peso tossicologico. Non è male che si cominci a
prenderne atto.
Fonte: Il Sole 24 ore, 26 luglio 2015 pg 27.