martedì 17 marzo 2015

Marchette politiche

Qui di seguito un photoshop delle due pagine pubblicate ieri dal quotidiano locale di Salerno "la Città", dove a pagina 3 un grande articolo di cronaca politica, e qualche pagina dopo (pg.10) il protagonista centrale dello stesso articolo in bella posa per una pubblicità elettorale a mezza pagina, guarda caso in prossimità delle prossime elezioni regionali.
Chiamasi: marchetta.
La variante è detta "pompino": un/una giornalista intervista il politico "molto vicino" al giornale, solitamente finanziatore occulto.
"Se ti addormenti col culo che ti prude, ti svegli col dito che puzza" (cit.)

 

venerdì 13 marzo 2015

Gay / Lesbo: si nasce o si diventa?

Alcuni accadimenti molto, molto inquietanti si stanno avverando.
Dapprima lo sdoganamento del porno, avvenuto (ricordiamolo) anche con l'avvento programmato di attori e attrici pornografici successivamente diventati protagonisti di fiction, talk-show etc etc, in tal modo trasformati in star da invidiare ed imitare, fenomeno ormai ampiamente diffuso anche in ambito web e fruibile senza alcun problema da tutte (tutte) le fasce d'età. Oggi, ma già ieri, un bambino di 10 anni entra in un sito porno e vede filmati di persone che si accoppiano in gruppo, indifferentemente uomini e donne, anche con animali, magari con abbondanti effluvi corporali, secondo categorie ormai note stilate dagli stessi siti pornografici: Amateur, Anal, Asian, Ass, Ass to Mouth, BBW, Big Ass, Big butt, Big tits, Bisexual, Blonde, Blowjob, BoB, Brunette, Casting, College, Compilation, Couples, Creampie, Cumshots, Cunnilingus, Dildos/Toys, DP, Ebony, European, Facial, Fantasy, Farting, Female Friendly, Fetish, Fingering, Funny, Gay, German, Gonzo, Granny, Hairy, Handjob, HD, Hentai, Homemade, Instructional, Interracial, Kissing, Latina, Lesbian, Massage, Masturbation, Mature, Milf, Orgy, Panties, Pantyhose, Pis, POV, Publi, Pupping, Redhea, Rimming, Romantic, Shaved, Shemale, Solo girl, Solo Male, Scat, Squirting, Straight Sex, Swallow, Teen, Threesome, Vintage, Voyeur, Webcam, Young/Old, 3D.
Chiedo venia ai praticanti di qualche specialità non volontariamente omessa.
Una bella varietà zoofila che senza alcun dubbio crea confusione all'utente/voyeur/bambino-a, rendendoli incapaci di riconoscere e discernere una sessualità normale da una pervertita, fino ad arrivare all'ormai arci-noto nonché must a livello di perversioni scat/pis/fetish "Two girls, one cup", diventato virale in tutta la rete.
Allo sdoganamento pornografico, poco dopo è seguito lo sdoganamento dell'omosessualità, il cosiddetto "fenomeno gender": assistiamo "impotenti" alla diffusione spasmodico-compulsiva di immagini e filmati gay-lesbo da parte dei mainstream nazionali e internazionali (in primis Tv, cinema e pubblicità). Anche qui l'obiettivo è sempre lo stesso: creare confusione "gender" nelle nuove generazioni in erba, quelle che stanno avendo o ancora non hanno avuto alcuno sviluppo ormonale.
Siamo al punto che parlare male dei gay/lesbiche in pubblico può portare al "reato di omofobia", già allo studio di illustri giuristi.
Non da ultimo, il recente caso degli stilisti Dolce & Gabbana, omosessuali dichiarati, rei di aver parlato male di persone con i loro stessi gusti, cui è seguito un attacco feroce da parte in primis del notissimo cantante pop Elton John, che ha invitato le eliìte di tutto il mondo dello spettacolo a boicottare la nota azienda di abbigliamento.
Siamo di fronte, come giustamente sottolinea il giovane filosofo Diego Fusaro, in presenza di un vero e proprio attacco alla sessualità ed alla creazione sistemica e scientifica del caos-gender a livello adolescenziale, con la confusione dei ruoli e dei sessi. Rimando in proposito a questo articolo per un'ottima riflessione dello stesso Fusaro sulla vicenda.
Terzo, pericolosissimo, il tentativo di sdoganamento della pedofilia, di cui allego un solo link.

Arriviamo così al motivo di questo post.
Uno studio "approfondito e ragionevole" (virgolette obbligatorie) spiegherebbe al di là di ogni ragionevole dubbio che l'omosessualità non dipende da fattori genetici bensì ambientali.
In buona sostanza, alla famosa domanda: gay si nasce o si diventa, questa ricerca risponde senza mezzi termini che gay non si nasce ma si diventa.
Mi riprometto di approfondire questo argomento, vastissimo e complicato, ma di estrema attualità e importanza per una serie numerosa di ragioni. Chuido il mio commento adesso, 13 marzo 2015 ore 17:47, con l'articolo in questione:
"Chi promuove l’omosessualismo (e l’ideologia gender) fa di tutto per sdoganare l’idea che l’omosessaulità sia “naturale”. Corrispondenza Romana ci porge risposte chiare ed inequivocabili alla domanda se l’omosessualità sia una questione genetica o no.
Gay si nasce o si diventa? La fatidica domanda, riguardo l’esistenza di un presunto gene gay innato, ogni tanto ritorna, sebbene il quesito abbia, da tempo, ricevuto ampie e inequivocabili risposte. Recentemente la questione è stata portata nuovamente alla ribalta da una organizzazione di ex gay, americana, chiamata PFOX, la quale ha promosso a Richmond, capitale dello Stato della Virginia, una ampia campagna pubblicitaria per far conoscere i reali dati scientifici riguardo l’omosessualità.
In particolare, tali dati riportano diversi casi di gemelli omozigoti, quindi perfettamente identici, che tuttavia differiscono per tendenze sessuali. Esistono almeno otto importanti studi scientifici condotti su gemelli identici in Australia, Stati Uniti, e in Scandinavia, durante gli ultimi due decenni che mostrano come gli omosessuali non sono nati omosessuali.
Il dott. Neil Whitehead, che dopo avere prestato servizio per 24 anni come ricercatore scientifico per il governo della Nuova Zelanda, e aver lavorato alle Nazioni Unite e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, oggi ricopre il ruolo di consulente per alcune università giapponesi, sottolinea il ruolo irrilevante della genetica nella scelta dell’orientamento sessuale, affermando: «al meglio la genetica è un fattore secondario». I gemelli monozigoti derivano da una singola cellula uovo fecondata, ciò significa che essi sono nutriti in condizioni prenatali uguali e condividono il medesimo patrimonio genetico.
Da qui consegue che, se l’omosessualità fosse una tendenza innata, stabilita dai geni, ci si aspetterebbe che tale attrazione fosse sempre identica nei gemelli monozigoti. Come nota infatti il dott. Whitehead: «dal momento che hanno DNA identici, dovrebbero identici al 100%». Tale ipotesi è però smentita dalla realtà dei fatti che attestano che «se un gemello identico ha attrazione per lo stesso sesso la possibilità che il co-gemello abbia la stessa attrazione è solo di circa il 11% per gli uomini e del 14% per le donne». Il dott. Whitehead conclude dunque escludendo categoricamente che l’omosessualità possa dipendere da fattori genetici: «nessuno nasce gay. (…) Le cose predominanti che creano l’omosessualità in un gemello identico e non negli altri devono essere fattori post-parto».
Secondo lo specialista l’attrazione per lo stesso sesso (SSA) è determinata da «fattori non condivisi», cose che accadono ad un gemello, ma non l’altro, o da una differente reazione personale ad un specifico evento da parte di uno solo dei gemelli. Pornografia, abusi sessuali, particolare ambiente familiare o scolastico sono tutti elementi che possono influenzare in modo diverso l’uno rispetto all’altro. Un gemello potrebbe non essere in grado di interagire socialmente come l’altro gemello, provocandosi una sensazione di solitudine, che potrebbe poi portare alla necessità di essere accettato da un gruppo di persone, e in alcuni casi, tale gruppo diventano le comunità LGBT. Secondo il dott. Whitehead infatti, «queste risposte individuali e idiosincratiche a eventi casuali e ai fattori ambientali comuni predominano».
Il primo studio approfondito su gemelli monozigoti è stato condotto in Australia nel 1991, seguito da un altro grande studio americano nel 1997. Oggi, lo strumento principale per la ricerca biomedica, secondo lo specialista, sono i registri nazionali sui gemelli: «i registri dei gemelli sono la base dei moderni studi sui gemelli. Ora sono molto grandi, ed esistono in molti paesi. Al momento è in progettazione un gigantesco registro europeo del quale faranno parte 600.000 membri, ma uno dei più grandi attualmente in uso si trova in Australia, con più di 25.000 gemelli registrati».
Nel 2002 la coppia di sociologi americani Peter Bearman e Hannah Brueckner ha pubblicato uno studio che ha coinvolto 5.552 coppie di gemelli degli Stati Uniti, mettendo in evidenza come l’attrazione per persone dello stesso sesso tra gemelli identici era comune solo al 7,7% per i maschi e al 5,3% per le femmine. La stessa ricerca ha preso in esame anche il cambiamento di orientamento sessuale durante il corso della vita, osservando come la maggior parte di questi cambiamenti, avvenuti per via “naturale” piuttosto che terapeutica, sono indirizzati verso una esclusiva eterosessualità, con il 3% della popolazione eterosessuale che afferma di essere stata in passato anche bisessuale o omosessuale. Alla fine tali dati hanno fatto emergere un dato curioso per il quale il numero delle persone che hanno cambiato il loro orientamento sessuale verso una totale eterosessualità risulta più alto dell’attuale numero di bisessuali e omosessuali messi insieme. In altre parole, conclude Whitehead, «gli ex gay superano per numero gli attuali gay».
Ancora una volta la realtà sbatte la porta in faccia all’ideologia. La forsennata ed tendenziosa ricerca degli attivisti LGBTQ riguardo l’esistenza di un agognato gene gay, che attesterebbe la normalità dell’omosessualità si deve, infatti, bruscamente arrestare davanti agli inoppugnabili dati concreti che certificano chiaramente come l’omosessualità non ha nulla di genetico e naturale. Più che di “gene gay” sarebbe corretto parlare di “virus gay”; se nessuno nasce infatti con il gene dell’omosessualità tutti, e in particolare le giovani generazioni, sono a rischio contaminazione dell’ideologia del gender imposta come diktat etico dal mainstream culturale dominante
".


martedì 10 marzo 2015

Sulla disobbedienza civile

Un sistema politico è tanto più democratico:
- quando interroga frequentemente i cittadini sulle decisioni importanti da prendere;
- quando i titolari del potere ruotano con frequenza.

Chi governa, sia in modo legittimo che illegittimo, tende in ogni tempo ed in ogni luogo a non cederlo più: si tratta di un comportamento istintivo analogo a quello che spinge ogni uomo a conservare una rendita di posizione, spesso anche a danno di altri. Coloro i quali invece godono dei vantaggi del potere, cercano di giustificare il loro monopolio dell’autorità con diversi argomenti: che il lungo esercizio di responsabilità del comando accresce le competenze; che eliminare gli esperti rischia di mettere al comando persone inesperte.
L’esperienza storica insegna invece che una lunga, ininterrotta permanenza al potere di persone o formazioni politiche sempre uguali produce corruzione, arroganza degli amministratori, omertà clientelare, ineguaglianza e servitù dei cittadini.
Gli espedienti con i quali chi comanda riesce abitualmente a conservare e consolidare il potere, come fosse un bene privato, riguardano: distribuzione di favori leciti e illeciti finalizzata alla costruzione di un sistema di elettori costituito da “protetti e protettori”; uso spregiudicato dei mezzi d’informazione per svalutare-isolare-zittire i pretendenti al ricambio anche attraverso la manipolazione di informazioni decisive; utilizzo strumentale dei quozienti per attribuire a maggioranze relative “premi” così da trasformarle in maggioranze assolute.
Come devono comportarsi i cittadini quando coloro che governano rispettano solo formalmente la Costituzione e le leggi vigenti mentre in realtà le utilizzano per consolidare e prolungare la loro permanenza al potere?
In tutti gli ordinamenti liberi – anche se alle volte non costituzionalmente scritto - viene generalmente riconosciuto il diritto dei cittadini a resistere ad una costrizione illegittima.

Nel caso di un “colpo di stato” il “diritto di resistenza” consente ai cittadini anche l’uso della violenza, poiché contro una esplicita oppure mascherata sospensione dell’ordine costituzionale è lecito l’uso della forza.
Diverso il caso nel quale, come anzidetto, l’illecito comportamento non è formale, ossia apparentemente interno all’alveo costituzionale, ma sostanzialmente fuori da quest’alveo.
Per prima cosa va detto che un uomo libero non deve rassegnarsi a sopportarlo: sacrificare la propria dignità a un presunto dovere di sopportazione delle angherie altrui per tutelare “l’ordine sociale” o “il bene supremo della pace” è una scelta foriera di ulteriori e sempre più gravi ingiustizie.
Esclusa la possibilità di ricorrere all’uso della forza, non trattandosi di un colpo di mano, restano da individuare e percorrere misure pacifiche in grado di destabilizzare il potere costituito, in modo da costringere il tiranno mascherato a ripristinare anche la legalità sostanziale, non solo quella formale.
Fin dal secolo scorso queste misure sono state riassunte e individuate nella c.d. “disobbedienza civile”.

Il vocabolo “disobbedienza” indica un comportamento indirizzato a disattendere degli obblighi ai quali “formalmente” bisognerebbe ottemperare.
Tale comportamento non contesta la procedura con cui l’obbligo è stato stabilito bensì il contenuto dell’obbligo stesso. Non si contestano dunque le procedure istituzionali, e quindi le istituzioni in sé, ma si vuol far capire, contestandone esclusivamente il contenuto, che l’obbedienza passiva non è virtù di uomini liberi, e che quando le istituzioni – per loro imperfezione intrinseca o per disonestà di chi le comanda – non garantiscono i diritti dei cittadini diviene un dovere morale non obbedire.
Mostrare quindi a chi comanda la concreta possibilità di perdere il potere per effetto di una rivolta dei cittadini.
Va infatti qui specificato che “demo-crazia” è potere del popolo, distinto cioè da chi governa il popolo medesimo, per cui quando il governo opprime il suo popolo è dovere morale disobbedire e insorgere, con la forza nei casi estremi, con mezzi pacifici negli altri. Il patto tra cittadini e governo, se pur sottoscritto “liberamente”, non può e non deve produrre effetti imprevisti o addirittura perversi senza veder inficiata la propria validità ed efficacia.
Da qui, la “disobbedienza” come strumento pacifico di sollecito al cambiamento di regole ingiuste.
Con l’aggettivazione “civile, poi, vengono in luce due condizioni: la prima è il carattere non aggressivo, poiché civile è nettamente distinto sia da “militare” che da “incivile”; la seconda che l’azione di disobbedienza è collocata nella sfera delle prerogative del cittadino: ciascun cittadino ha infatti il diritto di partecipare alla statuizione degli obblighi giuridici che lo riguardano.
La coesistenza politica non può più essere basata su patti di fedeltà o giuramenti a vita, eterni, ma su contratti a tempo determinato e destinati ad essere rinegoziati oppure a sciogliersi svincolando i contraenti. Questo genera un senso comune molto forte in quanto alla base del rapporto vi è la libertà di scelta: stare insieme oppure no.
La possibilità di scegliere è il cardine della democrazia; viceversa, se non c’è scelta non vi è democrazia.
Si tratta di una prerogativa inalienabile di ciascun individuo quando accetta la volontà della maggioranza scegliendo di convivere con gli altri, sapendo che sarà tutelato anche qualora dovesse trovarsi in minoranza. Ogni ordinamento politico contiene infatti le garanzie per la tutela delle minoranze, ossia regole destinate a stabilire fin dove le prerogative della maggioranza possono arrivare e dove invece devono arrestarsi, poiché esiste una soglia invalicabile oltre la quale esistono le ragioni di una pluralità di individui “diversi”, “non uguali”, che non si riconoscono nella maggioranza.
Nella realtà è molto frequente l’inclinazione della maggioranza a tollerare con difficoltà queste diversità e a tentare di imporre alle minoranze uniformità di comportamenti. più si va avanti più è facile constatare che la propria particolarità, la propria diversità viene sempre più sacrificata sull’altare di un presunto egualitarismo, che altro non è invece che mera omogeneizzazione, da cui ne deriva il falso mito dell’uni-formalismo come valore superiore e l’affermarsi pericoloso del pensiero unico in luogo del multi-culturalismo, o meglio del pluralismo.
Dentro un sistema politico irrigidito dall’uniformità le minoranze, qualunque esse siano, avranno sempre forti difficoltà sia nel farsi riconoscere che nel far valere i propri diritti. Ed è proprio in tale congiuntura che i cittadini “minoritari” sono legittimati a farsi valere mediante il ricorso alla disobbedienza civile, rifiutandosi di rispettare quelle regole che, per prime, segnano l’accettazione del potere e dell’autorità ad esso collegata.

Prima fra le regole è proprio la ripulsa degli obblighi fiscali.
L’appartenenza consapevole ad una qualsivoglia convivenza civile e politica genera infatti l’impegno ad una contribuzione finanziaria finalizzata a remunerare i servizi offerti alla comunità dei cittadini. In primis: salute, giustizia, sicurezza.
L’autorità significa dunque avere il potere impositivo di sottrarre risorse finanziarie dalle tasche (e quindi dal lavoro) dei cittadini per trasferirle nella disponibilità dell’autorità medesima, che dovrebbe gestirli nell’interesse comune.
L’investitura politica è così diventata un “mandato a tassare” che i cittadini (inconsapevoli?) accordano al governante per farsi manipolare i loro redditi, ossia ricchezza privata, che viene evidentemente percepita dal governante medesimo come nella sua piena disponibilità. La situazione, poi, si è nettamente aggravata in quanto la natura, la struttura e la dimensione delle operazioni finanziarie rendono difficile il distinguo tra tassazione ed estorsione: è notorio che per accorgersi di un furto è necessario avvertire la materialità dell’asportazione, per cui se trascorre un certo lasso di tempo è come se il “furto” non fosse mai avvenuto. Le colossali ruberie di denaro pubblico, gli sprechi, i privilegi rientrano appunto in questa seconda ipotesi, e soltanto da poco i cittadini stanno cominciando a sensibilizzarsi sull’argomento, segno evidente che il confine tra tassazione ed estorsione è stato ampiamente valicato da chi ci governa.
Quando il prelievo e la cattiva amministrazione incidono pesantemente sul tenore di vita dei cittadini, questi hanno il diritto-dovere di ribellarsi, poiché l’autorità politica non è affatto depositaria della sapienza economica come lo sono invece i cittadini stessi dei loro guadagni.
Il problema ovviamente non è negare il potere di tassare a chi governa, bensì discutere la struttura e l’incidenza del potere impositivo , e soprattutto la legittimità di talune imposte.

Prendiamo ad esempio la tassazione degli immobili: Ici, Isi, Imu, Tasi o come cavolo si chiama.
Il godimento di un’abitazione campeggia come prerogativa necessaria tra i diritti di una comunità civile, in quanto la casa, fin dal 1700, è considerato quale completamento immediato e necessario della persona umana. Dunque non la difesa a oltranza della proprietà privata, e nemmeno la sua negazione, bensì la casa come ambito di dignità umana, rientrante sia nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e della Donna che nell’art.47 della Costituzione Italiana.
Per questa semplicissima ragione tassare l’immobile in cui il cittadino abita, la c.d. “prima casa”, è oggettivamente contrario al suo diritto naturale, e di conseguenza ingiusto, poiché il prelievo di denaro dalle sue tasche giustificato quale imposta “sulla ricchezza” in realtà è l’indebito quanto illegale prelievo di denaro su un bene primario.
Come se il cittadino, messi i soldi da parte, vada a comprare il pane e all’uscita del negozio trova l’esattore che gliene strappa un pezzo perché “così vuole lo Stato”.
Non pagare le imposte patrimoniali che colpiscono la casa in cui si abita rappresenta un esemplare esercizio del diritto dei cittadini a resistere pacificamente ad una legge iniqua, negandole efficacia.

Quanto alla questione se il ricorso alla disobbedienza civile costituisca una prerogativa individuale oppure collettiva, si risponde che ciascuna persona, in quanto titolare di diritti naturali indisponibili, è legittimata ad attuare la disobbedienza quando ne sussistano i presupposti. E’ però evidente che laddove sia una pluralità ad attuarla essa riceve nuova linfa e forza ulteriore.
In un determinato momento storico la ribellione pacifica dei cittadini può cambiare il destino di un paese soltanto se essa diventa la bandiera di un gruppo capace di organizzazione e capacità operativa.
L’impressione, solitamente agli occhi dei timorosi, che possa trattarsi di un disordine o instabilità permanente è profondamente sbagliata, poiché i popoli liberi e più ordinati sono proprio quelli che si permettono ogni tanto di ribellarsi, che non temono di impugnare le decisioni dei loro governanti, ma che anzi li costringono a rinegoziare con più solida persuasione l’ordinamento in cui tutti convivono.

La disobbedienza civile consente ai cittadini di evitare l’obbedienza per abitudine o peggio per pigrizia, e quindi di recuperare fiducia attiva e convinta nelle istituzioni, in particolare in quelle che il trascorrere eccessivo del tempo ha reso impermeabili e insensibili, se non intolleranti, a qualunque forma di cambiamento o di semplice dissenso, avvicinandole in modo assai pericoloso a veri e propri regimi di cui ci si deve immediatamente ed assolutamente liberare al più presto.