sabato 31 maggio 2008

Ipnocrazia




L'occhio, gli occhi, vengono incessantemente sollecitati a guardare
il gran numero di schermi e monitor, grandi e piccoli, che hanno invaso il nostro vivere quotidiano.
Sono dappertutto: al bar, nei ristoranti, in tasca, in macchina, al polso, nelle vetrine, sugli autobus, agli angoli delle strade, appesi ai muri di casa al posto dei quadri.
Ovunque giro lo sguardo, trovo un monitor che mi osserva, che vuole comuinicare, che mi chiede di essere guardato.
Percepisco il mondo attraverso i monitor sparsi in ogni angolo della visuale, e questo mi impedisce sempre più di guardare negli occhi il mio prossimo.
Gli schermi si interpongono tra me e la mia realtà rendendolo un rapporto mediato, in-mediato, immediato.
L'immediatezza ha impresso un'accelerazione alla mia visuale e al mio modo di vivere il rapporto con la realtà al punto che la velocità della mia esistenza è aumentata in maniera esponenziale.
Una prova quasi certa è
la percezione che ho del mio tempo, la sua costante diminuzione, poichè sembra non esserci mai tempo sufficiente a mia disposizione per fare tutte le cose che vorrei fare, che ho da fare e che devo assolutamente fare.
Quest'accelerazione ha un doppio risvolto, come in ogni cosa; quello positivo rimane nell'ebrezza che la velocità procura, l'assenza totale di noia, il suo effetto stupefacente; quello negativo è la perdita di visione del contorno, di ciò che mi circonda, e
in forme semi-patologiche può provocare stress, ansia o depressione.
Un po' come correre in auto, o in moto, dove conta solo il punto di convergenza all'orizzonte, mentre i contorni diventano sempre più sfocati, fino a sparire del tutto, man mano che aumento la velocità.
E, di contro, riappaiono via via che la velocità decresce, fino a quando, fermo sul ciglio della strada, guardo nuovamente e
mi accorgo del paesaggio intorno a me, quasi stupito della sua presenza.
Un'esperienza siimile al risveglio.
Perchè in effetti è così: la velocità ipnotizza, rende ciechi.
Ora, la realtà quotidiana immediata, insieme ai modi in cui il potere utilizza tale immediatezza, creano una nuova forma di potere che io chiamo IPNOCRAZIA.
Definisco "ipnocrazia" il potere, in forma manifesta e/o surrettizia, di distogliere lo sguardo dalla realtà non mediata per convergerlo sulla realtà mediata.












giovedì 29 maggio 2008

Dio, Eva e il serpente

Noi percepiamo innanzitutto l'anomalia del fatto bruto di esistere, e solo in seguito quella della nostra situazione specifica: lo stupore di essere precede lo stupore di essere uomo. Eppure il carattere insolito del nostro stato dovrebbe costituire il dato primordiale della nostra perplessità: è meno naturale essere uomo che essere e basta. Questo, noi lo sentiamo d'istinto, e da questo deriva la voluttà che proviamo tutte le volte che ci distogliamo da noi stessi per identificarci con il sonno beato degli oggetti.

La maledizione che ci grava addosso pesava già sul nostro antico progenitore, molto prima che egli si volgesse verso l'albero della conoscenza. Insoddisfatto di sé, lo era ancor più di Dio, che egli invidiava senza esserne consapevole; lo sarebbe divenuto grazie ai buoni uffici del tentatore, coadiutore, piuttosto che autore, della sua rovina.
«Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perchè certamente moriresti». L'avvertimento dall'alto si rivelò meno efficace dei suggerimenti dal basso: migliore psicologo, il serpente trionfò.

Prima viveva nel presentimento del sapere, in una scienza che ignorava se stessa, in una falsa innocenza, propizia all'esplodere della gelosia, vizio generato dal contatto con chi è più fortunato di noi. Ora, il nostro progenitore frequentava Dio, lo spiava ed era da lui spiato: non poteva derivarne nulla di buono.
L'uomo, del resto, non chiedeva che di morire: volendo eguagliare il suo creatore nel sapere anzichè nell'immortalità, non aveva alcun desiderio di raggiungere l'albero della vita, non gli interessava affatto; e di questo Dio parve rendersi conto, giacchè non gliene proibì nemmeno l'accesso: perchè temere l'immortalità di un ignorante?
Se l'ignorante avesse mirato a entrambi gli alberi e fosse entrato in possesso sia dell'eternità sia della scienza, allora si che tutto sarebbe cambiato.

Mettendo l'albero della conoscenza in mezzo al giardino, vantandone i meriti e soprattutto i pericoli, Dio commise una grave imprudenza: anticipò il desiderio più recondito della creatura. Proibirgli l'altro albero, quello della vita, sarebbe stata una tattica migliore.
Se non lo fece, fu perchè sapeva senza alcun dubbio che l'uomo, aspirando subdolamente alla dignità di mostro, non si sarebbe lasciato sedurre dalla prospettiva dell'immortalità, troppo accessibile, troppo banale: d'altronde, non era essa la legge, lo stesso statuto del luogo in cui egli si trovava, il paradiso?

La morte invece, ben altrimenti pittoresca, e investita dal prestigio della novità, poteva incuriosire un avventuriero, disposto a rischiare per essa la propria pace e la propria sicurezza. Pace e sicurezza abbastanza relative, è vero, poichè se pur nel cuore dell'Eden il promotore della nostra razza doveva avvertire un certo malessere; non si riuscirebbe a spiegare altrimenti la facilità con cui cedette alla tentazione.

Vi cedette? Piuttosto la invocò. In lui si manifestava già quell'inattitudine alla felicità, qiell'incapacità di sopportarla che tutti abbiamo ereditato. Egli l'aveva sottomano, poteva farla sua per sempre; la respinse, e da allora la inseguiamo senza ritrovarla; e se anche la ritrovassimo, non ci adatteremmo ad essa meglio di allora. Cos'altro aspettarsi da una carriera iniziata con un'effrazione alla saggezza, con un'infedeltà al dono d'ignoranza che il creatore ci aveva elargito? Precipitati nel tempo del sapere, fummo simultaneamente dotati di un destino, giacchè non v'è destino se non fuori del paradiso.

E. Cioran - La caduta nel tempo


giovedì 22 maggio 2008

meetup adieu!

è terminata ieri, dopo 26 mesi piuttosto intensi, la mia avventura nel meetup, sia nazionale che locale

mi sono cancellato da tutti i board

una scelta dettata dall'ultima censura ricevuta: non solo hanno fatto sparire il 3d intitolato "travaglio è pagato dalle banche?", ma anche il 3d di denuncia della sparizione che avevo aperto subito dopo la scoperta

almeno per me, la situazione era diventata insostenibile: più denunciavo la strumentalità delle operazioni messe in atto da grillo e travaglio, più venivo attaccato dai guardiani del board

non è stata una fuga, ma una presa d'atto: l'obiettivo è manipolare qualunque persona priva o comunque scarsamente dotata di filtri culturali adeguati

e ce ne sono a vagonate

da un punto di vista politico, l'obiettivo non dichiarato di grillo/casaleggio/travaglio/di pietro (più ammennicoli vari come guzzanti, piero ricca, beha) è quello di cooptare il consenso di un'ampia fascia di elettorato, oggi privo di rappresentanza, che prima faceva capo alla sinistra radicale e critica, ai verdi, ai comunisti italiani, ai rifondatori

sto parlando di 3-4 milioni di voti

tutto è più semplice dopo il manifesto accordo tra pd e pdl sulla spartizione del potere (riconoscimento del governo ombra, stagione del dialogo, è tempo di fare le riforme insieme, etc etc)

sarà ancor più semplice per la politica liberal-fascista che il governo berlusconi porterà avanti nel quinquennio

tempo un paio d'anni, e il progetto grillo & co. troverà sponda politica nell'IdV di antonio di pietro, e preparare così il terreno nei due anni successivi (e sono quattro) alle imminenti elezioni politiche di fine legislatura

i
lobotomizzati grillini, per quella data, saranno a buon punto di cottura

pronti per essere scolati e pappati






mercoledì 21 maggio 2008

imagine

L'aumento del tasso sado-masochista nella società surcontemporanea è dovuto alla frustrazione pura, al senso di impotenza determinato dall'esistenza inautentica, di schiavitù imposta come unico possibile stile di vita.

Questa mancanza di senso porta all'eccesso, all'estremo osare, alla supertrasgressione: sono le situazioni "limite" quelle che destano più interesse; ne consegue una relativizzazione e una democratizzazione dell'osare, un venir meno del confine tra empirico e spirituale, tra la cosa e l'uomo, tutto trapassa e transita in tutto, senza che sia più possibile porre argini o freni di qualunque tipo.

Ciò comporta l'entropia negativa del desiderio: la negentropia del desiderio ha bisogno di interferenze e distrazioni in modo da poter sopravvivere alla sua accresciuta complessità, che ha superato il punto di intreccio tra ordine e disordine, per evitare il pericolo di una accelerazione mortale del desiderio, e al contempo la sua ossificazione.

La sfida alla morte del desiderio si dinamizza nel campo della performance estrema del corpo, che esorcizza la morte e la rende immaginaria. Vivere come se non si dovesse mai morire perchè la nostra immagine sopravviverà alle nostre azioni; l'immamgine si sostituisce a noi.